Bologna Connect

Intervista di Davide Martino per Bologna Connect

Carla Cenacchi, una donna bolognese, con una vita intensa ed interessante, che l’ha portata letteralmente dall’altra parte del mondo: da Bologna e l’Appennino fino alle Ande in Perù. Nel corso dei decenni ha lavorato come insegnante di italiano e ha gestito la Trattoria Italia a Lima. La sua vita, raccontata nel libro autobiografico Dall’Appennino alle Ande e ritorno, è un esempio di come ci si possa allontanare da casa alla scoperta del nuovo e ignoto senza dimenticarsi delle proprie radici.

Incuriositi dalla sua personalità vivace ed appassionata, l’abbiamo voluta incontrare ed intervistare:

  • Carla, perché ha scritto il libro? Quali sono i motivi più importanti?

“Innanzitutto, per scrivere bisogna avere voglia di farlo! Prima dell’avvento della tecnologia moderna c’erano solo l’inchiostro e la carta per annotare qualcosa, e quindi scrivere aveva una importanza pratica diversa.

Mia madre mi ha sempre detto che con la matita in tasca, anche quando hai dei problemi, puoi semplicemente usarla e scrivere. Mi sono ricordata di questo prezioso consiglio, e ho scritto il libro perché ad una certa età bisogna tirare le somme, vedere ciò che hai fatto, e metterlo nero su bianco. La mia vita, posso dire con un po’ di narcisismo, mi ha dato soddisfazioni e volevo raccontarlo per lasciarne traccia a chi verrà dopo.”

  • Come confronterebbe la sua esperienza in Perù con i luoghi comuni dell’emigrazione italiana? Ha avuto modo di entrare in contatto con altri bolognesi che hanno fatto un’esperienza simile alla sua?

“La mia migrazione si è verificata in modo strano. Prima di partire, lavoravo in un paesino montano come insegnante elementare, e proprio lì, incontrai il mio futuro marito che stava preparando un passaporto per andare in Perù per lavoro. La guerra aveva fatto grossi danni nel bolognese, specialmente sull’Appennino, e il lavoro scarseggiava: il mio futuro sposo aveva deciso di trasferirsi in Perù per cercare un tipo di legno che allora si usava per fare le macchine da gelati. Per ironia della sorte, quando fu pronto a partire con tutti i documenti, erano già state inventate nuove macchine per cui il legno non serviva più, ma a quel punto decise di partire comunque, avendo ormai faticato così tanto per ottenere i documenti: bisogna ricordare che quelli che partivano dopo la guerra partivano sì per necessità di lavoro, ma anche per la voglia di avventura. Correva nell’aria il desiderio di ripartire scoprendo cose nuove! E questo era anche il nostro caso”

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  • Dopo i periodi trascorsi in Perù è sempre tornata in Italia e a Bologna: come è stato vedere Bologna cambiare nel corso degli anni?

“Dopo la guerra, e il ritorno alla normalità, Bologna è veramente rinata. Bologna, con tutta la sua cultura e tradizioni, è stata ricostruita secondo il suo passato, e solo dopo si è pensato al nuovo. La differenza con Lima? Quando arrivai a Lima, ci vivevano 500 mila persone, adesso conta 13 milioni di abitanti e Bologna è ancora ben lontana da questi numeri. A causa anche della violenza e del terrorismo nelle campagne, tantissime persone si sono spinte verso la città di Lima, soprattutto giovani, e la città è cresciuta moltissimo in breve tempo. La gioventù come sempre cerca spazio, vitalità, modernità, cose nuove”.

  • Come è cambiata la sua vita dopo essersi trasferita a Lima? Nel suo libro sono descritte le reazioni della famiglia alla decisione di partire: come hanno reagito invece colleghi/e, amici e compaesani? Come era vista la sua scelta?

“Mi ricordo che prima di partire una compagna di scuola mi disse, ma sei sicura? Ho sentito che alcuni vanno via e non tornano! Ma io ero entusiasta, volevo vedere cose che non avevo mai visto. Le reazioni degli altri in generale non erano favorevoli: io ero la “scrivana” della borgata, e i compaesani parlando con i miei genitori gli dicevano che non mi avrebbero dovuto far partire. I miei familiari erano molto delusi, anche perché la gente del paese era arrabbiata con loro. Sono potuta partire solo dopo i 21 anni, che allora rappresentavano la maggiore età!”

  • Cosa si poteva aspettare un italiano appena arrivato in Perù? Com’era l’accoglienza a Lima? Esistevano strutture che potevano aiutare ad ambientarsi o ci si affidava interamente a conoscenti e familiari?

“All’inizio c’erano praticamente solo le ambasciate per i documenti, poi si formarono le associazioni regionali che ci aiutavano a farci sentire un po’ come nella nostra madrepatria. Nella mia esperienza di emigrata, ho sempre trovato gente disponibile ed ospitale. Ricordo che per comunicare con Bologna, i tempi erano molto lunghi, la posta era lenta, poiché le lettere attraversavano l’oceano via nave, quindi occorreva un mese prima che arrivassero a destinazione, ed un altro mese per attendere la risposta. Una bella differenza con la comunicazione di oggi!

Io sono diventata radioamatrice, e questa è stata una fortuna. All’inizio, pensare di dover imparare ad usare la radio mi intimoriva. Qualcuno però mi disse: “sai usare il ferro da stiro?” Ovviamente la mia risposta fu: Sì! “Sai forse cosa c’è dentro e come funziona? No! Puoi però usarlo comunque.” E fu così che i miei timori scomparvero! La radio ha cambiato tantissimo la mia vita: allora il telefono costava molto, e non ci si poteva permettere di usarlo per scambiare due chiacchiere come è naturale oggi. Con la radio, invece, si poteva parlare a lungo: a Lima mi conoscevano come Mamma Radio, sapendo che potevo mettere in contatto genitori e figli attraverso la radio.“

  • Lei ha insegnato in una scuola in Perù a ragazzi di famiglia italiana: queste scuole erano frequentate anche da bambini peruviani? Gli abitanti del posto erano interessati ad imparare l’italiano? I ragazzi immigrati parlavano il dialetto o l’italiano?

“Lo spagnolo e l’italiano sono molto simili, e nelle scuole italiane c’erano sia ragazzi peruviani che italiani. Proprio per questo con la lingua si potevano fare molti scherzi, giochi e anche errori involontari, a volte molto divertenti, come in alcuni episodi raccontati nel libro.

Allora tutti parlavano in dialetto, e già era difficile capirsi con qualcuno di Forlì! Ad esempio, nell’Appennino bolognese si parla un dialetto che pronuncia la “S” simile a quella dello spagnolo. “A Lima, quando stavo imparando lo spagnolo, mi chiedevano se ero di Madrid! I bolognesi invece avrebbero indovinato subito che venivo da Sasso Marconi.” Il dialetto era anche un simbolo di “casa” per chi era lontano.  “Quando ho aperto la nostra trattoria a Lima, ogni volta che entrava in bottega una persona triste, stressata, gli bastava sentire qualcuno parlare in dialetto e bere un bicchiere di vino, ed ecco che tutti si rallegravano “.

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To “blame” were two books—I Segreti della Cucina dell’ Emilia Romagna and I Segreti della Cucina Toscana, which reveal the secrets of their respective regional cuisines.  The Italian Cultural Institute San Francisco, under the direction of Paolo Barlera, hosted the unique event designed by the journalist Stefano Andrini, and presented the books to the public. From the beginning of the event’s journey Andrini benefitted from collaboration with Bologna Connect, in particular with the association’s founders, Laura Bizzari and Antonella Orlandi, whose experience organizing and promoting cultural initiatives extends to the United States and elsewhere. The event, which also received sponsorship from the region of Emilia-Romagna, was an extraordinary success. A large audience filled the gallery of the Italian Cultural Institute for the conversation between Mary Tolaro-Noyes, Ambassador of Bologna Connect, and Mr. Andrini.

Surprises were not lacking. Original entertaining videos directed by Federico Formigoni interrupted the discussion, which included English subtitles written by Enrica Nicoli Aldini, a young Bolognese now living in the United States. Audience members were left astonished and amused. The Tagliatelle Band first challenged them with a remake of a famous Hawaiian Christmas song.  Next Alessandro Di Leva, performing in the attire of a Roman legionary, shared the ancestry of the Roman piadina in Rimini. The video ended like a classic American film when the actor leaves the screen and pops up in the audience – this time though accompanied by Francesca Pivi dressed as a Roman matron. The room burst into applause with a standing ovation. The hilarious monologue of the highly regarded comedian Paolo Cevoli attempted to explain to Americans why Romagna is devoted to the pig. Then an anecdote told by Claudio Di Bernardo, the chef of the Grand Hotel Rimini, recounted the time when Sharon Stone preferred to eat a plate of spaghetti with olive oil, garlic, and pepperoncino instead of a plate of oysters. Lastly, the the Soda Sisters made a lively splash with their agro-folk and very Tuscan musical finale.

Many themes dominated the evening’s discussion. For instance, does spaghetti Bolognese exist or not, and why it is that every respectable tortellino is destined to end up in broth and not cream? Also the fabled priest’s housekeeper, who from peering out the window of the Sala della Musica of San Petronio, watched as the ceremonies down at the basicalla’s altar progressed. She would then know the perfect moment to toss the pasta in the boiling water and be ready to serve the priest’s lunch. Blogger David Scott Allen’s story in the Tuscan book recounts his interview of Sting and his wife Trudie Styler and their Tuscan farm.

Then on to the food! The guests watched Bianca and Anna of the Hotel Villa Svizzera at home in Vidiciatico, who were followed by a candid camera as they prepared their crescentine fried breads and zuccherini cookies. The chefs, who were present, then offered the visitors a tasting of their stuffed tigelle and zuccherini. Babbi Specialty Desserts and the insurmountable wines from Tre Monti di Imola completed the tasting.

The success of the event means that the troop is ready to take off again in new directions—its goal to familiarize the world with important hidden (and not so hidden) culinary secrets!

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“Colpa” di due libri sui segreti delle rispettive cucine regionali presentati il 5 aprile nella prestigiosa sede dell’Istituto di italiano di cultura promotore dell’evento. Al giornalista Stefano Andrini, curatore dei volumi (il secondo insieme al collega Andrea Fagioli),   il merito di aver ideato un evento dalle caratteristiche decisamente inusuali. Fin dall’inizio di questo percorso Andrini si è avvalso della preziosa collaborazione di Bologna Connect e in particolare di Laura Bizzari e Antonella Orlandi, che vantano ormai una lunga esperienza nell’organizzazione di iniziative culturali in terra americana (e non solo). L’evento, che ha avuto anche il patrocinio della Regione Emilia Romagna, è stato coronato da un successo straordinario e inaspettato. Un folto pubblico ha riempito la sala incontri dell’Istituto italiano di cultura per assistere al dialogo tra Mary Tolaro-Noyes, ambassador di Bologna Connect e Stefano Andrini. Le sorprese non sono mancate. A cominciare dai video originali (regista Federico Formigoni) scelti per intervallare la presentazione e sottotitolati in inglese da Enrica Nicoli Aldini, una ragazza bolognese ormai trapiantata negli Stati Uniti. Sullo schermo della sala le immagini sono scivolate via accolte con stupore e divertimento dal pubblico: la sfida estrema della Tagliatella Band con un remake di un celebre canto natalizio hawaiano; la performance di Alessandro Di Leva che nei panni di un legionario romano racconta gli antenati della piadina; l’esilarante monologo del comico Paolo Cevoli (applauditissimo) che ha provato a spiegare agli americani perché la Romagna è devota al maiale, l’aneddoto raccontato dallo chef del Grand Hotel di Rimini Claudio Di Bernardo a proposito di quella volta che Sharon Stone preferì alle ostriche un piatto di spaghetti aglio olio peperoncino. Fino alla spruzzata finale dell’agrifolk  delle toscanissime De’ Soda Sisters. Tantissimi i temi emersi nel dibattito: l’esistenza o meno degli spaghetti alla bolognese; perché il destino di ogni tortellino che si rispetti è il brodo e non la panna, la perpetua che dalla finestra della Sala della Musica di San Petronio controllava il momento giusto per buttare giù la pasta. Terminato il video del legionario romano, come in un classico film americano dove l’attore esce dallo schermo, è spuntato tra il pubblico accompagnato da Francesca Pivi vestita da matrona romana. E qui è scattata la standing ovation. Il blogger David Scott Allen che nel libro ha intervistato Sting e sua moglie sulla loro factory toscana. Infine dalle parole ai … piatti. Precedute dalla candid camera sulla preparazione di crescentine e zuccherini Bianca e Anna dell’Albergo Villa Svizzera di Vidiciatico hanno offerto una degustazione di tigelle con farcitura d’ordinanza. La tasting è proseguita con le specialità dolciarie di Babbi. E gli insuperabili vini dell’azienda Tre Monti di Imola. Squadra che vince non si tocca. Ed è già pronta a ripartire su nuove rotte: per far conoscere anche in altri porti il format sperimentato con successo a San Francisco.

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In collaboration with the association Bologna Connect, Mary Tolaro Noyes will be presenting her book: Bologna Reflections: an uncommon guide, Sunday February 12th at 2:00pm, at the Italian Cultural Society of Sacramento. American by birth but with Sicilian roots, Mary Tolaro Noyes visited Bologna for the first time in 1994 to learn Italian. From that moment on she became immediately fascinated by the medieval city that would continue to attract her in the following years, despite her return to America.

A long standing love, consequently, that still lasts till this day is what brought her to write Bologna Reflection, an out of the ordinary guide as noted in the subheading and subsequently Gathering Chestnuts. Infact, in her books Mary tells the story of her Bologna, the one that intrigued and enchanted her so much that till this day she still returns often for long periods.

Mary Tolaro Noyes guides us on an imaginary journey to the discovery of stories, traditions, and particularities that all make the capital Emiliano so special. Lifelong friendships are not the only way to creates bridges in the world, because through her writing Mary is able to engage her readers and continues to cultivate her experiences during her visits in a place that she considers her second home.

Today Mary lives in San Francisco where she is a Bologna Connect ambassador. Through the Bolognese association she is commited to promoting Bologna and Emilia Romagna in America and throughout the world.

( Translated by Isabella Brown)

 

Lektionen in Pasta

Mein Besuch bei den Barilla-Produktionsstätten in Parma

Für mein kulinarisches Buchprojekt reise ich derzeit kreuz und quer durch Italien – auf der Suche nach Antworten auf wesentliche Fragen der italienischen Küche. Um einen Besuch beim “Weltmarktführer im Teigwarengeschäft” kam ich dabei nicht herum. Ich besuchte die Pasta- und Saucenwerke von Barilla in Parma und Rubbiano und bekam spannende Lektionen von Experten. Eine Stippvisite aus deutscher Perspektive.

 

Nächste Ausfahrt: Parma-Pedrigiano. Ich nähere mich meinem Ziel auf der Autostrada del Sole. Schon von weitem sehe ich die großen Lettern auf dem Gebäude prangen: BARILLA. Den Schriftzug kenn ich nur zu gut. Das italienische Unternehmen ist in Deutschland Spitzenreiter im Teigwarensegment mit 15 Prozent Marktanteil und mehr als 25 Prozent Marktanteil im Bereich Pastasaucen. Nach Angaben des Unternehmens aßen im Jahr 2014 mehr als ein Drittel aller deutschen Haushalte Pasta von Barilla.

 

Erste Lektion: Welche Pasta zu welcher Sauce?

Die zentrale Frage, die mich heute nach Parma führt: Welche Pasta passt zu welcher Sauce? Ist es von Bedeutung, ob ich meine Sauce mit Farfalle, Spaghetti oder Rigatoni esse? Italiener haben auf diese Frage vermutlich längst eine Antwort. Doch in Deutschland ist sie keineswegs entschieden. Meine Freunde lachen tatsächlich über mich, wenn ich zum Ragù alla Bolognese strikt Tagliatelle esse – und nicht Spaghetti, wie es in Deutschland Sitte ist. Doch wer lacht zuletzt?

 

Jedenfalls nicht der Pasta Development Manager bei Barilla. Manuel Mariani nimmt meine Frage durchaus ernst. “Die Harmonie zwischen Pasta und Sauce hängt natürlich auch von der Pastasorte ab”, erklärt er mir. Neben Qualität und Konsistenz bestimmt die Form und Oberfläche der Pasta, wie gut die Sauce an ihr haftet. Zu einer feinen Sauce gehören dünne Nudeln, etwa Spaghetti. Ein kräftiges Ragù verlangt eher nach einer breiten Nudel, etwa der Tagliatelle. Am besten haften Saucen an Pasta mit geriffelter Oberfläche. Der Grund: Die rillenhaften Vertiefungen nehmen die Pastasauce besonders gut auf.

 

Bessere Haftung durch Bronze?

Viele Pastahersteller haben vor einiger Zeit ein aus der Mode gekommenes Herstellungsverfahren wiederentdeckt: die sogenannte “trafilatura al bronzo”. Heute wird der Pastateig bei der Herstellung durch eine Form “gezogen”, die aus glattem Teflon besteht. Entsprechend glatt ist die Oberfläche der Pasta. Früher zogen die Hersteller den Nudelteig jedoch durch Bronzeformen. Bronze ist anders beschaffen und sorgt dafür, dass die Oberfläche der Pasta viel rauer ist. Was früher als Nachteil angesehen wurde, wird heute wieder als Vorteil verstanden. Pastafreunde auf der ganzen Welt sind der Meinung, dass die aufgeraute Oberfläche der “auf Bronze gezogenen” Pasta die Sauce besser haften lässt.

 

Zweite Lektion: Ein sehr, sehr großer Kochtopf

Und die Sauce? Wie muss die eigentlich beschaffen sein? Auch auf diese Frage finde ich eine Antwort bei Barilla. Sugo Development Manager Vincenzo de Tata begleitet mich in das nahegelegene Städtchen Rubbiano, eine halbe Stunde südlich von Parma. Dort befindet sich Barillas Saucenwerk – ein riesiger Komplex, in dem Saucen und Pestos für ganz Europa produziert werden. Was mich überrascht: Die Herstellung einer Sauce im Werk funktioniert vom Prinzip her ähnlich wie zuhause in der Küche – nur in größeren Maßstäben. Beispiel Sugo all’arrabbiata: Man nehme mehrere Kilogramm Tomaten, Zwiebeln, Chilischoten, Petersilie – und was das Rezept sonst noch erfordert – und gebe es in einen Topf. Einen großen Topf. Der Topf, der für die Herstellung einer Arrabbiata-Sauce in Rubbiano verwendet wird, umfasst sage und schreibe 3000 Liter. Darin wird die Sauce gekocht und nach Fertigstellung über ein Rohrsystem abgeleitet. In einem Röhrenwärmetauscher wird sie pasteurisiert und dann in Gläser abgefüllt. Zum Schluss wird sie etikettiert und in alle Welt versendet.

 

Auch nach Deutschland. Doch die Saucen die nach Deutschland geliefert werden, sind anders beschaffen, als die Saucen für den italienischen Markt. “Die Menschen im Norden verlangen nach mehr Würze”, erklärt mir Vincenzo de Tata. “Deshalb geben wir mehr Knoblauch und Kräuter hinzu.” Verkehrte Welt, denke ich, denn die Deutschen beklagen sich oft darüber, dass italienisches Essen sehr stark gewürzt sei. Ich erfahre noch mehr über Saucen an diesem Nachmittag: etwa wie neue Saucen entwickelt werden, woher die Zutaten stammen, wie der Kochprozess abläuft oder wie man die Dichte einer Sauce bestimmt. Auch auf die Frage, was eine perfekte Sauce ausmacht, erhalte ich Antworten. Doch all das wird unter anderem Gegenstand des Buches sein, an dem ich gerade arbeite.

 

Ich verabschiede mich in Rubbiano und reise weiter in Richtung Osten. Es gibt noch weitere Fragen über italienisches Essen zu klären. Bei Barilla habe ich einiges gelernt. Vor allem habe ich nun eine Antwort an meine deutschen Freunde parat, wenn sie künftig wieder über meine Essgewohnheiten schmunzeln: Zur Bolognesesauce isst man Tagliatelle. Punto e basta.

 

Autor: Für sein kulinarisches Buchprojekt recherchiert der deutsch-italienische Foodjournalist Andreas Strasser momentan in Italien. Der Kontakt zu Barilla kam bei seinen Recherchen in Bologna über “Bologna Connect” zustande. Mehr Informationen über das Projekt auf der Webseite www.sugosuche.de oder auf Instagram.

 

 

 

Un ponte fra Bologna e l’Argentina

gabrielaOggi la nostra Gabriela Malusa, professoressa di Italiano, giornalista ed Ambassador di Bologna Connect in Argentina, ha intervistato Virginio Merola, sindaco di Bologna, nella sua trasmissione radiofonica “Buongiorno Italia ”.  Nonostante le distanze fra Italia ed Argentina esiste infatti, da sempre, un rapporto speciale. E’ proprio in virtù di questo che Gabriela dedica la sua trasmissione, rigorosamente in italiano, agli Italiani, d’Argentina e di tutto il mondo, che amano questa lingua e questa cultura.

 Bologna Connect, sempre fedele alla sua mission di creare un ponte fra Bologna e il mondo, è lieta di sostenere questo genere di iniziative, favorendo la conoscenza della città di Bologna e  e di tutto ciò che la rende speciale.  Nel corso degli anni, sono stati intervistati altri personaggi di spicco di Bologna e dell’Emilia Romagna, per citarne alcuni: Romano Prodi,  Matteo Lepore, Raffaella, Carrà, Orietta Berti, Nicoletta Mantovani ,  Carlo di Vaio, e tanti altri, provenienti dal mondo della politica, cultura, musica, sport  e gastronomia.

Come racconta il sindaco Merola, infatti, Bologna è una città aperta in cui la relazione coi paesi esteri ha un ruolo fondamentale. Oltre al turismo, le principali ragioni di questo legame sono la presenza dell’Alma Mater Studiorum, prima università del mondo occidentale, e la presenza di una serie di eccellenze culturali ma anche industriali. Il tentativo, anche da parte del sindaco stesso, è quello di puntare sempre più su questi punti di forza, favorendo gli scambi culturali e investendo principalmente su cultura e conoscenza. In questo senso, al Sud America è destinato un posto di favore, proprio grazie alla  fortissima presenza di comunità di italiani che contribuiscono alla creazione di un ponte fra diversità.

Gli italiani, da sempre molto presenti all’estero, continuano ancora oggi a portare in giro per il mondo l’”italianità”, facendosi ambasciatori della nostra cultura e dei valori che le sono propri. Basti pensare alla musica, campo nel quale da sempre ci distinguiamo e Bologna, Città della musica UNESCO, ancora una volta ne è la conferma.

Ringraziamo di cuore la nostra amica  Ambassador di Bologna Connect , Gabriela Malusa per l’affetto che ci dimostra divulgando da anni i temi e le eccellenze di Bologna e dell’Emilia Romagna, e speriamo di poterla avere  presto nostra ospite a Bologna.

Bologna Connect presenta Emilia Romagna Evenement, domenica 3 aprile, dalle 13 alle 18,  a Naaldvijk Olanda, presso l’Hotel Carlton,  evento dedicato all’Emilia Romagna, per  un pubblico di 300 invitati, fra i quali molti imprenditori interessati alle eccellenze della nostra regione, in particolare del settore dell’enogastronomia.

Ed Izeren, Bologna Connect Ambassador per l’Olanda condurrà l’evento,  che include: presentazione del territorio: arte, storia, cultura, motori e cibo e tanto altro. Seguirà un collegamento in diretta da Bologna con le fondatrici  di Bologna Connect, Laura Bizzari e Antonella Orlandi, e Intervista allo scrittore e ristoratore  Filippo Venturi, autore di Un giorno come un altro, romanzo giallo, la cui storia ruota attorno al famoso quadro, “La ragazza con L’orecchino di Perla”. Sempre da Bologna sarà tenuta una lezione di italiano divertente ed interattiva coinvolgendo il pubblico olandese. Il pomeriggio sarà intervallato piacevolmente da degustazioni di prodotti tipici dell’enogastronomia regionale. Interverrà un’ ospite a sorpresa, famosa presenza televisiva nei canali olandesi, la giovane cuoca  italiana Sarena Solari, che  condurrà una lezione di cucina dal vivo.  Pe finire un’estrazione a premi,  tra cui una settimana di corso di lingua italiana a Bologna, offerto dalla scuola Arca di Bologna e tante altre sorprese della nostra magnifica regione.

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Un giorno come un altro - cover

 

A Manatthan, tra la 274 West e la quarantesima strada, ogni mattina si serve lo stesso caffè che si beve a Bologna e anche dall’altra parte del mondo vi sembrerà di essere a casa.

Michele Casadei Massari e Alberto Ghezzi, due bolognesi doc, nel 2009 partivano alla volta della “grande mela” per fondare il Piccolo Cafe, ristorante-bistrot, che ha trovato nell’ amore per la propria terra d’origine e nella spontanea semplicità degli ingredienti della tradizione la sua più grande fonte di ispirazione.

Già, perché nel bel mezzo di Madison Square, di fronte alla sede del New York Times, tutti i giorni si servono tortellini e tagliatelle al ragù, lasagne, salumi, lambrusco e altre specialità della cucina tipica emiliano – romagnola.

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Seduti comodamente ai tavolini di legno c’è una storia tutta bolognese che si dispiega nei sapori e profumi di casa, nei colori caldi e accoglienti dell’arredamento, la maggior parte fatto a mano o riciclato, nelle proiezioni delle partite di calcio dei “rossoblu” e non solo: soltanto un mese fa la guida enogastronomica “Bologna The Indulgent” sbarcava a New York proprio al Piccolo Cafe  per raccontare di Bologna attraverso affascinanti itinerari, tra le architetture della città e le sue eccellenze culinarie, “Bologna la Dotta” e “Bologna la Golosa”, due storie inseparabili.

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La loro avventura comincia nella notte di natale 2009, quando insieme Michele e Alberto decisero di aprire un piccolo stand al mercato di Union Square, dove si vendeva caffè italiano, cappuccino e dolci bolognesi: panettoni e amarene. Di lì a poco l’idea: reinvestire sul proprio territorio d’origine e farlo attraverso il cibo, la grande arte di noi italiani. Da allora il Piccolo Cafe è diventato una perla rara della metropoli d’ oltreoceano, tanto che c’è il “rischio” di dover condividere la colazione con Di Caprio, Uma Thurman o Ethan Hawke con la sola eccezione che per tutti i bolognesi che vanno a far visita al Piccolo Cafe viene offerta dalla casa.

Sembra ancora un sogno e invece è diventato realtà, lo sanno bene i nostri due bolognesi, che adesso si trovano a gestire ben quattro locali e stanno già progettando di aprirne un quinto nell’ Upper East Side, oltre che a specializzarsi nel servizio di catering. Insomma le idee sono molte e sempre brillanti, la chiave del successo è credere che nella semplicità e nella tradizione risieda la natura e bellezza delle cose.

Un’esperienza di straordinaria tenacia che porta Bologna alle porte del mondo e tocca il cuore di tutti noi suoi cittadini e amanti.

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Bologna Connect ha sostenuto e promosso la guida turistica enogastronomica delle Scorribande del Loggione “Bologna the indulgent” .

(Damster Edizioni) sbarca al Piccolo Cafe e negli altri tre locali del  bolognese doc Michele Casadei Massari. Michele si è trasferito a New York nel 2009, insieme al socio Alberto Ghezzi, dove ha fondato il «Piccolo Cafe», un bistrot che serve prodotti tipici emiliano-romagnoli.
In sei anni sono nati altri tre locali sparsi per Manhattan e a breve  aprirà un nuovo Caffè nella zona dell’Upper East Side.
Michele ha ammaliato New York e Bologna the Indulgent ha ammaliato lui!
Una Bologna raccontata da tre bolognesi doc (Andrea Brentani, Katia Brentani, Simona Guerra con la traduzione in inglese di Benedetta Pini) in modo diverso e originale. “Bologna la Golosa” è suddivisa a ore e il turista può organizzarsi la giornata a proprio piacimento. Il turista può inventarsi un giorno con colazione, pranzo e cena condito da musei e portici. Un altro spizzicando a metà mattinata, gustando tè e gelati e vivendo l’atmosfera delle vecchie osterie. Nella guida sono segnalati ristoranti, negozi e produttori dove è possibile acquistare prodotti tradizionali, eccellenze di nicchia, i locali storici, i posti curiosi.
La guida suggerisce anche percorsi a tema per visitare i luoghi che caratterizzano questa bella città. Il turista può trovare aneddoti e curiosità legati alla tradizione bolognese. Una guida utile non solo per i turisti, ma per i bolognesi stessi per riscoprire angoli della città dimenticati. Nella guida, corredata da fotografie, ci sono alcuni capitoli dedicati ai dintorni di Bologna: Colli Bolognesi, Appennino Bolognese, la Bassa (pianura) e Dozza Imolese. Il capitolo “Ricette Bolognesi” chiude il libro ed è stato curato da Andrea Brentani, cuoco storico della Trattoria Al Meloncello. Il turista può provare e riprovare i piatti della tradizione bolognese e vincere la nostalgia.

Bologna Connect ringrazia la Gazzetta del Gusto per l’articolo dedicato alla sua storia e alla sua “mission”.

“Ci sono storie e iniziative che si raccontano e ce ne sono altre che fa piacere raccontare perché esprimono passione, ambizione e condivisione di progetti positivi per tutti.

Promuovere Bologna e l’Emilia Romagna nel mondo: si può fare, avranno pensato Laura BizzariAntonella Orlandi e Neima Sitawi quando, nel 2012, hanno fondato “Bologna Connect”, l’associazione no-profit che, attraverso eventi e scambi culturali internazionali, fa conoscere le eccellenze emiliano-romagnole più famose e anche le potenzialità non ancora – o non completamente – valorizzate.”

Leggi l’articolo completo al seguente link: http://www.gazzettadelgusto.it/interviste/bologna-connect-promuovere-lemilia-romagna-nel-mondo/